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Se l’inquinamento atmosferico rende i pollini più allergizzanti

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C’è chi è notoriamente ipersensibile ai pollini e chi invece lo diventa nelle grandi città in cui sono presenti nell’aria livelli elevati di particolari inquinanti.

Per questo dei dieci milioni di italiani allergici al polline, ben 1 su 3 potrebbe non esserlo per davvero o meglio manifesterebbe tutti i classici sintomi – rinite, tosse e asma – ma solo a causa dell’inquinamento ambientale.

Uno studio tedesco – condotto dal Max Planck Institute for Chemistry di Mainz e dalla University Medical Center dell’Università Johannes Gutenberg e pubblicato sulla rivista “Frontiers Allergy” – ha dimostrato che il polline cattura” e “trasporta alcuni noti inquinanti atmosferici, come l’ozono, il biossido di azoto (NO2) e il particolato.

Per poi rilasciarli nelle vie respiratorie, intensificando nei soggetti allergici le manifestazioni di ipersensibilità agli allergeni e innescando nei soggetti non allergici rinite, tosse e asma.

Allergie in aumento (per numero e gravità) in tutto il mondo

“La prevalenza e la gravità delle malattie allergiche scatenate dal polline delle piante trasportato dall’aria e da altri allergeni sono in aumento in tutto il mondo – spiega Vincenzo Patella, direttore dell’unità operativa complessa di medicina interna dell’Azienda Sanitaria Locale di Salerno e presidente della Società Italiana Aerobiologia, Medicina e Ambiente -. Finora si era partiti dal presupposto che il continuo aumento delle malattie allergiche registrato negli ultimi decenni fosse da ricondurre alla combinazione tra predisposizione genetica e anomalie climatiche con inverni più caldi che tendono a favorire un carico pollinico sempre più abbondante e duraturo per le fioriture anticipate”.

Se gli inquinanti atmosferici rendono il polline più allergizzante

Ad avere un ruolo determinante in questa epidemia di allergie sarebbe invece anche l’esposizione eccessiva degli allergeni ad alcuni inquinanti atmosferici che, proprio negli ultimi anni, hanno raggiunto concentrazioni elevate.

“L’ozono, il biossido di azoto e il particolato, componenti dello smog estivo creato dal traffico, possono alterare il potenziale allergenico e infiammatorio del polline – prosegue l’esperto -. Gli inquinanti entrano infatti nel polline e, una volta raggiunte le vie respiratorie, vengono liberati. Potenziando così da un lato i sintomi del paziente allergico e dall’altro scatenando reazioni simil-allergiche nelle persone che hanno sempre mostrato una soglia abbastanza alta di sensibilizzazione al polline”.

In sostanza, il polline “inquinato”, scatenerebbe reazioni allergiche anche nelle persone che in realtà non lo sono.

Così le allergie iniziano a fare capolino anche in età adulta

“Lo studio tedesco ha mostrato che i pollini delle zone inquinate sono ricoperti da sostanze nocive che alterano il loro contenuto allergenico e possono rafforzarne l’effetto, provocando con maggiore facilità reazione allergiche anche in chi non ne soffre – spiega Mario Di Gioacchino, presidente della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (Siaaic) -. Gli ossidi di azoto e l’ozono, se raggiungono elevate concentrazioni, alterano le componenti proteiche dei granuli pollinici a tal punto da innescare nei soggetti non allergici sintomi come rinite e tosse. Lo studio tedesco mostra in particolare che alcuni pollini, come per esempio quelli delle graminacee, innescano l’iperattivazione di alcuni recettori cellulari che attivano la reazione allergica del sistema immunitario anche in chi non soffre di allergie”.

Migliorare la raccolta dei dati per una prevenzione più efficace

Climasmog sarebbero responsabili anche dei valori record di concentrazione dei pollini, molto sopra la media, registrati quest’anno in Italia.

“Nel nostro Paese è difficile sintetizzare quando si parla di pollini perché ci sono aree molto diverse dal punto di vista del clima e della vegetazione – precisa Patella -. Ma l’anno che stiamo vivendo è uno di quelli che lasciano il segno perché siamo passati da concentrazioni di 200 pollini totali per metro cubo di media nei giorni di picco di cinque anni fa ai 2.000 attuali. Questo ci obbliga a migliorare la raccolta di questi dati in modo omogeneo e unitario tra le diverse agenzie su tutto il territorio nazionale. Inoltre chiediamo al legislatore di normare meglio le soglie di tossicità delle singole specie polliniche, confrontandole con i dati delle centraline dello smog. In questo modo potremmo favorire le campagne di prevenzione sulla qualità dell’aria molto più prontamente che in passato”.

Più giardini pubblici nella città (con alberi non allergenici)

L’inquinamento aumenta la frequenza e l’intensità delle allergie ai pollini in due modi diversi: sia perché favorisce l’aumento dei pollini prodotti con maggiore capacità da parte di essi di liberare allergeni sia perché utilizza i pollini come veicoli per raggiungere le vie respiratorie. “Diventa dunque imprescindibile studiare e affrontare la malattia allergica alla luce anche delle problematiche ambientali, che possono aggravarlo o addirittura scatenarla”, aggiungono gli esperti.

Per migliorare la qualità dell’aria è importante che le pubbliche amministrazioni non solo adottino politiche di riduzione del tasso dei principali inquinanti atmosferici ma anche misure di contenimento della carica di pollini allergizzanti. Ciò può avvenire con la progettazione di giardini pubblici soprattutto nelle aree metropolitane con specie non allergeniche (come gelsomino, camelia ed erica) al posto di piante morte già esistenti anemofile che affidano al vento la propagazione dei pollini, come betulle, cipressi e ulivi”.

Le raccomandazioni degli esperti per chi non soffre di allergie

  • Ricorso a lavaggi nasali ipersalini
  • Utilizzo di lacrime artificiali
  • Pettinarsi nel bagno e non in camera da letto per evitare che il cuscino raccolga il polline attraverso i capelli
  • Se i sintomi peggiorano rivolgersi allo specialista prima di ricorrere ad antistaminici e corticosteroidi

 

 

 

 

 

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