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Test genetici “fai da te”: meglio lasciar perdere

Mani di una persona che mette qualcosa in una provetta

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L’abitudine di ricorrere a test genetici fai-da-te rappresenta di per sé un fatto positivo che porterà benefici in termini di prevenzione e salute? No, secondo quanto dicono i principali esperti di genetica e le società scientifiche internazionali. Le indagini genetiche, infatti, hanno senso solo in un contesto preciso. Ovvero: dietro esplicita richiesta di un medico, chiamato poi (direttamente o attraverso il supporto di un genetista) a interpretarne i risultati. Diversamente, la loro utilità è trascurabile. Se non controproducente. I risultati di un test non necessario possono infatti generare ansia e preoccupazioni immotivate per il singolo. E comportare un aggravio di costi per il servizio sanitario, come conseguenza di indagini e terapie ulteriori non appropriate.

Test genetici fai-da-te: di cosa si tratta?

Di test genetici fai-da-te, a vent’anni dalla scoperta e dal sequenziamento del genoma umano, ce ne sono per tutti. Per chi desidera conoscere in anticipo quale sia il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, un melanoma o un infarto. E per i genitori più ambiziosi, che desiderano sognare immaginando quale talento e quale personalità svilupperà il proprio bambino. Questi dispositivi – acquistabili online dai siti delle aziende: con una spesa compresa tra 100 e 1.000 euro – indicano una generica suscettibilità ad ammalarsi. E non una certezza. Una volta ricevuto dalla compagnia il kit di raccolta a domicilio (quasi sempre di saliva), il consumatore può rispedire il tutto all’azienda, che provvede al sequenziamento del materiale genetico, all’elaborazione e all’invio dei risultati. Un approccio di questo tipo rischia però di creare due problemi, secondo i ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, che sul tema hanno appena pubblicato uno studio sull“European Journal of Public Health. “Il test potrebbe mascherare un problema di salute che, mancando la relazione con il medico e il settore sanitario, è destinato a rimanere inespresso. E dunque non adeguatamente riconosciuto e affrontato. D’altro canto, un risultato falso positivo potrebbe innescare la richiesta di ulteriori indagini diagnostiche in maniera inappropriata”.

Indagini prive della dovuta sensibilità e specificità

Il vero limite è che questi test non hanno mai raggiunto un livello di sensibilità e specificità tali da poter essere considerati attendibili. Contro il loro utilizzo, la Società Italiana di Genetica Umana aveva già preso posizione nel 2015 . Ciò nonostante, la loro diffusione non si è arrestata. “Molte persone li acquistano convinte di avere una risposta relativamente al rischio di sviluppare o meno una malattia – è quanto si legge nello studio -. Ma non è così: perché molte delle condizioni per cui vengono offerti sono in realtà la conseguenza dell’interazione tra i nostri geni e l’ambiente e perché in altri casi al momento non esistono test di suscettibilità affidabili”. Quest’ultimo è il caso delle malattie cardiovascolari: l’informazione genetica non offre uno spartiacque chiaro e invalicabile tra chi si ammalerà e chi no. Lo stesso discorso può essere fatto per i test che, nel campo dell’alimentazione, promettono di predire il rischio di sviluppare sovrappeso e obesità.

Le differenze rispetto ai test genetici classici

Il sequenziamento del genoma umano e la scoperta dei geni responsabili dell’insorgenza di alcune malattie hanno alimentato l’interesse nei confronti della genetica. Prova ne è il fatto che alcuni test – come per esempio quello per lo screening per la fibrosi cistica (all’interno del più ampio screening neonatale) a cui vengono sottoposti tutti i bambini già nei punti nascita o quello che valuta la presenza di mutazioni nei geni APC e BRCA nei parenti di persone alle prese con un tumore del colon, del seno, dell’ovaio o del pancreas – sono oggi molto utili in chiave preventiva. In questi casi, però, parliamo di geni che, da soli, sono in grado di determinare la malattia. Non a caso vengono eseguiti sempre dopo un adeguato counseling, l’adesione al consenso informato e il coinvolgimento di almeno tre sanitari: il genetista, l’oncologo e lo psicologo.

 

Per saperne di più:

Test genetici fai-da-te: le raccomandazioni, Società Italiana di Genetica Umana

Test genetici soltanto nelle mani di esperti, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC)

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