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Celiachia: in Italia un problema per 1 bambino su 60

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Nel nostro Paese la celiachia, la più frequente malattia autoimmune del bambino correlata alla dieta, registra una diffusione tra le più alte al mondo (1 caso ogni 60). Lo sottolinea un importante studio condotto su novemila alunni delle scuole primarie di otto capoluoghi sparsi lungo la Penisola (Verona, Milano, Roma, Padova, Salerno, Ancona, Bari e Reggio Calabria), pubblicato nelle scorse settimane sulla rivista “Digestive and Liver Disease”. Un lavoro che, oltre ad accendere la luce su una problematica evidentemente ancora sotto stimata, ha confermato quanto la comunità scientifica italiana sia stata protagonista negli ultimi decenni della ricerca condotta per fare luce sugli aspetti clinici ed epidemiologici della celiachia.

Celiachia: un problema più diffuso del previsto

Lo screening di primo livello è stato condotto attraverso un semplice test pungidito per verificare, su una goccia di sangue, la presenza di anticorpi che indicano la predisposizione genetica. I bambini positivi a questa prima indagine sono stati poi invitati a sottoporsi a un prelievo per verificare più approfonditamente la diagnosi di celiachia.  “Si tratta dello studio più ampio mai eseguito in Italia sulla celiachia, che ha messo in luce l’alta prevalenza di questa condizione nel nostro Paese: in Italia circa 1 bambino su 60 è celiaco – afferma Carlo Catassi, direttore della clinica pediatrica dell’Università Politecnica delle Marche di Ancona e coordinatore dello studio -. Si tratta di una malattia permanente, che richiederebbe una diagnosi tempestiva per scongiurare complicanze tardive anche gravi: come l’osteoporosi, l’infertilità e in alcuni casi anche il cancro”.

I campanelli d’allarme da non trascurare

Oltre alla grande diffusione di questa condizione in Italia, lo studio ha rilevato anche un serio problema di sottodiagnosi. Il dato è preoccupante: soltanto il 40 per cento dei casi ottiene infatti una diagnosi di celiachia su basi cliniche. I medici prestano molta attenzione al minimo sospetto di celiachia, ma spesso i genitori non portano i figli dal pediatra perché non rilevano sintomi particolari.  “Tra i primi campanelli d’allarme va considerata la familiarità per celiachia, la presenza di altre patologie autoimmuni, che spesso si manifestano nello stesso soggetto o in ambito familiare – aggiunge Catassi -. Possono essere sintomi di celiachia la diarrea o la stitichezza, i dolori addominali, l’anemia da carenza di ferro, il vomito, la stanchezza cronica solo per elencarne alcuni”.

Un problema soprattutto femminile

La malattia si può manifestare a ogni età, anche nell’adulto. Ma spesso insorge nel bambino dopo il divezzamento, cioè quando il piccolo inizia a introdurre glutine nell’alimentazione, nutrendosi anche con farine, pane, pasta e biscotti. La latenza è di alcuni mesi o anni, poi si può si manifestare la patologia. La fascia d’età più colpita è quella che va dai 2 ai 10 anni. I dati indicano anche che le bambine sono più colpite dei loro coetanei, in rapporto di 2 casi a 1 (come si osserva in quasi tutte le malattie autoimmuni).

Celiachia: serve uno screening nazionale per la diagnosi precoce

Sulle cause del problema, gli esperti sono d’accordo. Si può affermare che la celiachia dipenda per il 40 per cento dalla predisposizione genetica, per una quota analoga dall’alimentazione e per il restante 20 per cento da fattori ancora sconosciuti. Alla luce di questi risultati bisogna quindi trovare strategie per tenere sotto controllo il fenomeno. “Le indicazioni emerse dal nostro studio sottolineano la necessità di uno screening nazionale della celiachia, perché nonostante l’attenzione che i pediatri italiani pongono sull’argomento la sottodiagnosi è ancora un problema enorme”, conclude Catassi.

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