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Social media: (più) rischi e (meno) opportunità per gli adolescenti

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Le cronache di questi giorni stanno lì a ricordarcelo, come un mantra.

La diffusione dei social network nella società presenta sì delle opportunità, ma pure dei rischi. La cui scoperta è in fieri. E le cui ricadute rischiano di riflettersi soprattutto sui più giovani. Perché se un adulto parte da un background di conoscenze che permettono di gestire al meglio gli uni e le altre, lo stesso non si può dire per i bambini e agli adolescenti.

Ed è a loro – considerando che negli Stati Uniti oltre 9 adolescenti su 10 (13-17 anni) sono già presenti su una o più piattaforme social e che quasi 1 su 2 in realtà si affaccia in questo mondo alle soglie degli 8 anni – che ha scelto di guardare il Surgeon General, il più fidato e titolato consigliere della Casa Bianca in materia di sanità pubblica.

I timori dell’impatto della tecnologia sulla salute mentale dei più giovani

Il documento redatto da Vivek Murthy – braccio destro del presidente Joe Biden sulle questioni riguardanti la salute – non boccia l’uso dei social network ad ampio raggio. Ma considerando la parzialità delle informazioni disponibili, Murthy ha voluto mettere in guardia le diverse parti in causa. In primis, le famiglie. Ma anche le autorità sanitarie, la comunità dei ricercatori, le istituzioni e aziende del settore tech.

Il riferimento è soprattutto alla possibilità di accedere a contenuti a sfondo sessuale o violento, che possono alimentare comportamenti a rischio. Senza dimenticare i rischi legati al bullismo e l’impatto che un uso eccessivo dei social media può avere sulla qualità e la durata del sonno e sulla riduzione dell’attività fisica.

“Siamo nel mezzo di una crisi che riguarda la salute mentale dei più giovani – ha spiegato Murthy –. Per questo ritengo necessario intervenire con urgenza. C’è un’evidenza crescente che l’utilizzo dei social network possa determinare conseguenze in una fase della vita critica per lo sviluppo del cervello”.

Preoccupazioni soprattutto per bambine e ragazze

Nello specifico, nel rapporto si fa riferimento a una serie di studi che hanno evidenziato un’incidenza crescente di alcune manifestazioni psicopatologiche legate all’aumentare del tempo trascorso connessi a uno o più social network: dall’insoddisfazione per la propria immagine corporea fino alla comparsa di disturbi del comportamento alimentare. Per arrivare nei casi più gravi alla solitudine e all’isolamento sociale. Fino alla comparsa di disturbi d’ansia e depressivi.

Problematiche che incidono in maniera differente sui vari bambini in considerazione anche del loro background famigliare, socioeconomico e culturale.

Ma che in tutti i casi sembrano essere una prerogativa del genere femminile.

Anche la comunità scientifica italiana invoca prudenza

In Italia ci sarebbero almeno centomila adolescenti (11-17 anni) che trascorrono diverse ore al giorno sui social network. Una dipendenza a cui si aggiunge quella di cinquecentomila ragazzi (soprattutto maschi) dai videogiochi.

Il fenomeno è cresciuto durante la pandemia. “Queste dipendenze non sono diverse da quelle dalle droghe d’abuso: sono coinvolte le medesime aree cerebrali e gli stessi neurotrasmettitori, dopamina e serotonina – spiega Marco Pistis, ordinario di farmacologia clinica all’Università di Cagliari –. Una volta diagnosticato il problema, è indispensabile aiutare i ragazzi a riprendere il controllo della loro vita attraverso trattamenti adeguati. Oggi si interviene soprattutto con terapia familiare e cognitivo-comportamentale. Ma servirebbe puntare soprattutto sulla prevenzione”.

Quando e come i social media possono aiutare i ragazzi

Come detto, però, non è tutto bianco o nero. L’utilizzo dei social network, è quanto evidenziato anche dal Surgeon General, può determinare anche dei benefici.

Tra quelli descritti nei diversi studi passati in rassegna, la possibilità di mantenersi in contatto con i propri amici, di mostrare il proprio lato creativo e di ottenere supporto nei momenti difficili. Più pro che contro i social media sembrano averli anche per quei ragazzi appartenenti a gruppi a rischio di emarginazione: come nel caso dei disabili o dagli appartenenti alla comunità LGBTQ+.

Nel loro caso WhatsApp, Tik Tok, Facebook e Instagram spesso sono lo strumento per affermare la propria identità e trovare uno spazio di espressione che diversamente rischierebbe di essere negato.

Le richieste del Surgeon General agli stakeholder

Il nodo di fondo, però, è che servono anni di ricerche per determinare l’impatto dei social media sulla salute degli adolescenti.

Il principio di precauzione viene pertanto prima di ogni cosa. Da qui una serie di raccomandazioni rivolte ai diversi attori interessati dal problema per offrire alle famiglie e ai figli informazioni e strumenti per un uso sicuro dei social network.

  • I decisori politici possono adottare misure per rafforzare gli standard di sicurezza e limitare l’accesso ai social network, proteggere i bambini di tutte le età e la loro privacy, supportare l’alfabetizzazione digitale e mediatica e finanziare la ricerca;
  • Le compagnie possono migliorare e rendere più trasparente la valutazione dell’impatto dei loro prodotti sui bambini, condividere dati con i ricercatori indipendenti, aumentare la conoscenza collettiva degli impatti della tecnologia sulla salute e proteggere la privacy dei minori sui social network;
  • I genitori e i caregiver possono promuovere l’introduzione di aree “tech-free” nelle proprie abitazioni, al fine di favorire lo sviluppo delle relazioni interpersonali. E impegnarsi al fianco dei bambini per promuovere un uso responsabile dei social media, oltre a rilevare eventuali problematiche connesse a questa attività;
  • Bambini e adolescenti dovrebbero adottare pratiche salutari: quali limitare il tempo trascorso su queste piattaforme, bloccare i contenuti indesiderati, fare attenzione alla condivisione di informazioni strettamente personali e aiutare amici che dovessero mostrarsi in difficoltà;
  • I ricercatori possono porre la ricerca sull’impatto dei social media sulla salute in cima alle priorità al fine di supportare lo sviluppo di politiche mirate a proteggere la salute di bambini e adolescenti

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