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Alla scoperta delle proprietà dei carciofi

Carciofi su un tavolo in legno

Indice

Marzo, è ancora tempo di carciofi. Per questo, nel mese che segna l’avvento della primavera, ho scelto di parlarvi di questo ortaggio, che fa parte anche della produzione italiana (soprattutto in Liguria, Toscana, Lazio, Puglia e Calabria). Condito con olio, sale e qualche goccia di limone, il carciofo crudo esprime al massimo le sue proprietà nutrizionali. Ma può essere anche gustato cotto, in vari modi: lesso, trifolato. In casi eccezionali, anche fritto.

Carciofo: alle origini del prodotto

La parte edibile di questa pianta utilizzata in alimentazione umana è in realtà il fiore non ancora dischiuso del Cynara scolymus. La coltura del carciofo è diffusa in tutta l’Europa meridionale e in America. Comunque nelle regioni più temperate, in quanto la pianta teme il gelo e i freddi prolungati. Fra le varietà reperibili in Italia, possiamo distinguere tre tipi principali di carciofi. Le loro proprietà, soprattutto organolettiche, sono molto diverse. I cosiddetti carciofi oblunghi (o violetti) sono tipici dell’Italia del nord e della Sardegna. Più ricchi in cinarina e ferro e gustosi, sono però sensibilmente più duri. I più pregiati sono invece i romaneschi: più teneri (da qui i ridotti tempi di cottura) e dolci, hanno una forma rotonda e un foro centrale circondato da petali senza spine ripiegati all’interno. Il terzo tipo di carciofo è quello del basso Lazio (zona di Latina), più povero dal punto di vista nutrizionale, forse a causa delle differenze climatiche o del terreno salmastro. Esiste infine anche un carciofo selvatico, di dimensioni inferiori, che cresce spontaneo in alcune Regioni dell’Italia meridionale e delle isole. In commercio si trovano anche i fondi di carciofo (vale a dire la parte centrale più vicina al gambo, priva di tutti i petali esterni), più digeribili. L’abitudine a consumare i fondi può rappresentare una scelta ideale per chi, dopo il consumo dei carciofi, accusa eccessivi spasmi intestinali e meteorismo.

Le proprietà dei carciofi

I nutrienti principali del carciofo sono la cinarina e il ferro, anche se non è indifferente la percentuale di inulina. La cinarina è un alcaloide presente nel carciofo dotato di una specifica azione protettiva nei confronti del fegato e di riduzione dei livelli di colesterolo nel sangue. È disponibile soprattutto quando il carciofo viene impiegato crudo o nelle varie forme di cottura in olio. Mentre la bollitura fa perdere buona parte di questa sostanza, che passa in soluzione e viene eliminata. L’inulina è invece uno zucchero presente nel carciofo crudo, che spontaneamente non è assimilabile da parte della mucosa intestinale. Può diventarlo però per azione del calore. Per questa ragione, il carciofo crudo può essere impiegato nelle diete dimagranti e nell’alimentazione dei soggetti diabetici. Mentre quello cotto è controindicato nel diabete e può essere usato in una dieta dimagrante: tenendo però conto del suo maggiore apporto in zuccheri. La presenza di ferro nel carciofo (in media: 1 milligrammo per 100 grammi di prodotto) varia invece a seconda della modalità di preparazione (in quanto una quota significativa di ferro è agevolata dall’assorbimento degli zuccheri). Nei carciofi si trovano poi pure i tannini (conferiscono il colore scuro e la ruvidità al tatto), dotati di proprietà sedative e antitumorali: a patto però di consumarli soprattutto crudi e conditi con olio, sale e limone. Altri costituenti del carciofo sono i flavonoidi, alcuni enzimi ad azione ipoglicemizzante, elettroliti (come potassio, calcio e magnesio), l’acido caffeico e numerosi fitosteroli (sostanze ormono-simili). Fra le vitamine, invece, si registrano discrete quantità di vitamina A, vitamina C e niacina.

Il carciofo e la “stretta” relazione con il fegato e con i reni

A premiare i carciofi è anche il basso apporto calorico (47 chilocalorie per 100 grammi di prodotto). Ma quando si elencano i benefici legati alla loro assunzione attraverso la dieta, in realtà si finisce quasi sempre con il parlare dell’azione sul fegato. L’ortaggio, in effetti, preserva la funzionalità della centrale energetica del nostro organismo in diversi modi. Accelera l’escrezione del colesterolo attraverso la bile e, più in generale, determina una aumentata attività dell’organo (se fritto). Il risultato che si ottiene è una riduzione del gonfiore addominale, della bocca amara e della difficoltà digestiva post-prandiale. Al contrario, il carciofo bollito rende più disponibile la sua quota di zuccheri. Ma può essere non sopportato da molti pazienti, in quanto rallenta la motilità della colecisti (causa del meteorismo addominale). Oltre alle preziose proprietà antiossidanti, il carciofo ha un importante valore diuretico: sempre grazie alla cinarina, ma pure all’elevato contenuto di acqua che lo contraddistingue.

Carciofi: come prepararli?

Una volta scelti i carciofi di miglior qualità, occorre lavarli con cura (sulle foglie possono depositarsi alcuni prodotti tossici utilizzati in agricoltura) prima di decidere come consumarli. Il modo migliore è sicuramente crudo: in un’insalata (privando i carciofi della buccia esterna) o conditi con olio, limone e un po’ di aglio. Per chi invece lo preferisce cotto, il carciofo può essere preparato bollito (l’acqua di cottura può essere riutilizzata per esempio nei brodi, per non disperdere i principi attivi rilasciati con la cottura), arrostito al forno o alla piastra. Durante la preparazione, sia nel caso di una ricetta che prevede il carciofo crudo sia di quello cotto, è bene ricordare che la parte interna dell’ortaggio (una volta tagliata) si ossida molto rapidamente. Per questo, durante la preparazione, è utile riporre i pezzi tagliati a bagno in succo di limone. In frigorifero, dopo averli lavati e asciugati, i carciofi possono essere conservati fino a sette giorni: purché però si taglino le foglie esterne più dure e si lasci soltanto una piccola porzione del gambo.

 

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