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Non dimentichiamo di vaccinare i nostri bambini contro la poliomelite

siringa e flaconi con dentro vaccino

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Nelle ultime settimane, volutamente o in maniera incidentale, a molti di voi sarà capitato di sentir parlare del «ritorno» della poliomielite. L’allarme è partito prima da Londra, per poi spostarsi a New York: dove il virus responsabile della malattia si è palesato per la prima volta dopo 43 anni e ha già provocato almeno un caso di paralisi. Il patogeno è stato riscontrato nelle acque reflue. Non una rilevazione senza precedenti, ma che in questo caso ha portato a elevare l’attenzione da parte dei sanitari. Da qui l’invito partito da Hans Kluge, il direttore generale europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: «Il campanello d’allarme è da non trascurare. Tutti coloro che non sono vaccinati – o i cui figli hanno saltato le vaccinazioni programmate – dovrebbero cercare la vaccinazione il prima possibile». Vediamo allora cosa sta accadendo – e perché le notizie che giungono da New York devono suggerirci di mantenere alta la guardia anche nel nostro Paese – e quali opportunità ci sono per proteggersi.

La poliomielite è un’infezione causata da un virus e colpisce in genere i bambini di età pari o inferiore a cinque anni. Può provocare debolezza muscolare, disabilità permanente e persino la morte. Il poliovirus è altamente contagioso e si diffonde facilmente attraverso il contatto da persona a persona. Il virus è tipicamente presente nella gola degli individui infetti per circa 1-2 settimane e viene espulso con le feci per circa 3-6 settimane, anche nelle persone senza sintomi. Modalità di trasmissione: in primis attraverso la bocca e il contatto con le feci di un individuo infetto (da qui la rilevazione nelle acque reflue). Ma anche tramite cibo o acqua contaminati, la saliva e le goccioline respiratorie. Circa il 70 per cento delle persone infette non presenta sintomi. Della restante quota, pressoché un quarto (25 per cento) sviluppa manifestazioni simil-influenzali (febbre, mal di testa, mal di gola, nausea e vomito, mal di stomaco e affaticamento) per 2-5 giorni. I rischi maggiori li corre la quota residua degli infetti (1-5 per cento), in cui il virus può diffondersi nel cervello e nel midollo spinale. In questi casi i pazienti – nell’arco di 7-21 giorni dall’infezione – possono manifestare debolezza o paralisi dei muscoli coinvolti nel movimento degli arti, nella respirazione, nella deglutizione o nel parlare.

Tra gli anziani e gli adulti, chi non ha avuto un’esperienza diretta di malattia ricorderà sicuramente i polmoni d’acciaio: strutture metalliche della dimensione di un letto, antesignani dei moderni ventilatori con cui si supportava la respirazione dei pazienti alle prese con un’infezione respiratoria da poliovirus. Su Youtube è visibile un video dell’Istituto Luce che testimonia la sofferenza provocata da questa malattia e oggi quasi del tutto dimenticata grazie all’impatto della vaccinazione. Senza trascurare la sindrome postpolio, una condizione non contagiosa (simile a quello che oggi definiamo Long-Covid) che colpisce dal 25 al ​​40 per cento delle persone che hanno avuto la poliomielite da circa 15 a 40 anni dopo l’infezione iniziale. I pazienti, in questo caso, manifestano debolezza muscolare, dolore articolare e affaticamento mentale e fisico.

La poliomielite è una malattia ancora diffusa in diverse aree del mondo, come dimostra l’attivismo del programma di eradicazione della malattia promosso in diversi Paesi. Meno invece lo è in Europa e negli Stati Uniti, grazie alla disponibilità dei vaccini e alla scelta di somministrarli nei programmi di profilassi infantile. Una misura divenuta obbligo in Italia, con l’inserimento della vaccinazione contro la poliomielite nella lista di quelle obbligatorie per l’iscrizione dei bambini nelle scuole pubbliche (riportate in un link del ministero della Salute in calce all’articolo). La vaccinazione è sicura e altamente protettiva contro la poliomielite. Sono quattro le dosi previste e somministrate attraverso un’iniezione intramuscolare o sottocutanea: a 2, 4, 6-18 mesi e 4-6 anni. A coloro che sono stati vaccinati durante l’infanzia viene comunque raccomandato un richiamo in caso di viaggio verso un’area in cui il poliovirus continua a circolare.

«Negli ultimi anni – ha ricordato Kluge – virus della polio derivati dai vaccini sono stati rilevati in Israele, Tagikistan, Ucraina e Regno Unito. Il virus della poliomielite rilevato di recente a New York è geneticamente legato a quelli riscontrati in Israele e nel Regno Unito. Ciò vuol dire che, nonostante l’elevata copertura vaccinale complessiva, il virus della polio ha trovato la sua strada verso individui suscettibili nelle comunità poco vaccinate». Le esperienze maturate con la pandemia da Covid-19 prima e con l’epidemia di vaiolo delle scimmie poi dovrebbero averci insegnato che, di fronte alle minacce infettive, i confini contano fino a un certo punto. Abbiamo infatti ripreso a viaggiare e a vivere di fatto una vita senza restrizioni. Di conseguenza il rischio di «importare» virus al momento assenti nel nostro Paese sta tornando poco alla volta a crescere.

Nel caso della poliomielite, però abbiamo gli strumenti per difenderci. Sono due i farmaci disponibili per la profilassi contro questa malattia: quello di Sabin (o OPV) e quello di Salk (IPV). Le differenze sono ben spiegate in un articolo scritto da Agnese Collino sul Magazine di Fondazione Umberto Veronesi. In Italia, attualmente, il vaccino utilizzato è quello di Salk, che contiene i tre virus della poliomielite uccisi (inattivati) e viene inserito nel vaccino esavalente (con cui si iniettano anche quelli contro difterite, tetano, pertosse, epatite B e malattia da Haemophilus Influenzae di tipo B). Il fatto che a New York – e nel mondo – si stia tornando a parlare di poliomielite è la conseguenza di un calo delle coperture vaccinali.

In Italia i tassi sono mediamente alti: siamo a quota 94 per cento, un gradino più in basso di quella che è considerata la soglia (95 per cento) necessaria a impedire un ritorno della malattia. Colpa della pandemia, ci dicono gli epidemiologi, che ha portato a una generale riduzione dell’attività sanitaria. I dati migliori sono quelli di Toscana e Molise, che si avvicinano al 97 per cento. In tutto sono nove le Regioni in cui la soglia di sicurezza è superata, mentre ci sono aree del Paese in cui l’adesione è troppo bassa. In Sicilia, per esempio, il dato è di circa il 90 per cento. Non molto meglio sono messe la Calabria (sotto il 92 per cento), la Liguria e la Basilicata (93).

Non è il caso di lanciare allarmi, ma di mantenere gli occhi aperti. E di fare il possibile per proteggere, noi e i nostri bambini. La vaccinazione è la soluzione, anche in questo caso.

Per saperne di più:

«What is Polio?» – Journal of the American Medical Association (JAMA)

Poliomielite: la copertura vaccinale in Italia – Istituto Superiore di Sanità

Le vaccinazioni obbligatorie per i bambini in Italia – ministero della Salute

Vaccini e le vaccinazioni. Perché Sì – Fondazione Umberto Veronesi

La malattia da dieci centesimi – Codice Edizioni

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