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Come diventare donatori di organi

Mano che tiene modellini di organi umani con sfondo bianco

Indice

La media nazionale si attesta su 59,23 ogni cento abitanti. In rapporto, fa 68,9 per cento: è il dato degli italiani che hanno manifestato la volontà di donare gli organi. Un «serbatoio» di oltre cinque milioni di persone, pronte dopo la loro morte a donare una nuova vita ai quasi 8.300 italiani che attendono un organo nuovo. Una procedura, quella del trapianto, che al pari di quanto accade con il sangue e con il midollo osseo è spesso salvavita e nella totalità dei casi permette a chi vi si sottopone di tornare a una qualità di vita accettabile e non oltremodo gravata dall’insufficienza di un organo. Dichiarare il proprio assenso alla donazione degli organi è una procedura che può essere espletata in qualsiasi momento. Vediamo come.

Come diventare donatori di organi

Nel nostro Paese non vige il principio del silenzio-assenso. Ogni persona è tenuta a esprimere il proprio consenso o piuttosto un dissenso esplicito. La volontà di donare organi e tessuti (eventualmente tutti quelli utili, perché in Italia non è possibile fare una distinzione al momento dell’autorizzazione) può essere espressa in diversi modi:

  • all’ufficio anagrafe del Comune in occasione del rilascio o rinnovo della carta d’identità
  • rivolgendosi alla propria Asl di appartenenza, richiedendo e firmando l’apposito modulo
  • iscrivendosi all’Associazione Italiana per la Donazione di Organi, tessuti e cellule (AIDO)
  • scaricando il tesserino blu del Ministero della Salute, disponibile sul sito del Centro Nazionale Trapianti (il tesserino deve essere custodito nel portafoglio)
  • compilando una delle donor card distribuite dalle associazioni di settore e ricordarsi di metterla nel portafoglio
  • riportando la propria volontà su un foglio bianco, firmarla e datarla; anche in questo caso è necessario portare sempre con sé la propria dichiarazione

Le espressioni di volontà comunicate all’Asl, all’ufficio anagrafe del Comune e all’AIDO vengono registrate nel Sistema Informativo Trapianti (SIT), il database del Ministero della Salute che viene consultato dai medici per verificare se il potenziale donatore aveva reso in vita una dichiarazione di volontà. Secondo la nostra legge, si può cambiare idea sulla donazione in qualsiasi momento perché ai fini della donazione fa fede l’ultima espressione resa in ordine temporale. I consensi manifestati nelle altre tre modalità vengono invece eventualmente registrati al momento del decesso di una persona, da parte del sanitario. Per questo è molto importante che questi documenti viaggino sempre con noi.

Cosa succede se queste informazioni non ci sono?

La manifestazione della volontà sulla donazione di organi e tessuti non è obbligatoria nel nostro Paese. Tuttavia, attraverso le campagne di comunicazione promosse dal ministero della Salute e dal Centro Nazionale Trapianti, i cittadini sono stati a più riprese invitati a prendere una posizione in merito e a non lasciare questa decisione ai propri cari, in un momento difficile. Infatti, nel caso in cui un cittadino non si sia espresso in vita sulla donazione di organi e tessuti, saranno interpellati dai medici i familiari aventi diritto: il coniuge, il convivente more uxorio, i figli maggiorenni e i genitori. Da qui, soprattutto se in assenza di una dichiarazione esplicita rilasciata nelle modalità indicate, è bene affrontare queste tematiche in famiglia, in modo da informare i propri cari della scelta fatta.

Quali sono gli organi che si possono donare?

La donazione da cadavere è, a oggi, maggiormente diffusa nel nostro paese. I donatori di organi sono persone di qualunque età che muoiono in ospedale nelle unità di rianimazione, a causa di una lesione irreversibile al cervello (emorragia, trauma cranico, aneurisma) o di un prolungato arresto cardiaco, accertato tramite elettrocardiogramma per almeno venti minuti, che abbiano prodotto la totale distruzione delle cellule cerebrali causando la morte del paziente per irreversibile e completa cessazione dell’attività cerebrale. Gli organi che possono essere donati dopo la morte sono: cuore, polmoni, rene, fegato, pancreas e intestino. Tra i tessuti: pelle, ossa, tendini, cartilagine, cornee, valvole cardiache e vasi sanguigni. La legge vieta invece espressamente la donazione del cervello e delle gonadi.

Donazione da vivente: a quali organi è rivolta?

Gli organi che possono essere donati in vita sono il rene e una porzione del fegato. Dal 2012 è consentito anche il trapianto parziale tra persone viventi di polmone, pancreas e intestino. Ma in Italia, a oggi, non è ancora stato svolto nemmeno uno di queste tipologie di interventi. Diverso invece è il discorso per quel che riguarda il rene e il fegato. Ogni anno, in media, in Italia si effettuano all’incirca 300 procedure di questo tipo. In genere, queste tipologie di interventi si eseguono tra consanguinei (come genitore e figlio) o persone legate affettivamente (come moglie e marito). Per il rene, nel caso di incompatibilità immunologica tra donatore e ricevente esiste uno specifico programma di trapianto (chiamato cross-over) che consente di incrociare tra loro coppie nella stessa condizione.

Donazione samaritana: di cosa si tratta?

Si può anche donare il rene in favore di uno sconosciuto: è la donazione samaritana, che consente di salvare la vita di un paziente con il quale non si ha alcun legame di tipo parentale o affettivo. La maggior parte dei centri autorizzati al trapianto di rene da vivente eseguono il prelievo dell’organo con tecniche mini-invasive (laparoscopia, chirurgia robotica). Ai fini della donazione da vivente, il potenziale donatore è sottoposto a un’attenta valutazione per accertare il suo ottimale stato di salute psico-fisico, nonché la reale disponibilità di un consenso libero ed informato. Questa procedura non è però finora decollata in Italia. Nel momento in cui scrivo, infatti, il numero di trapianti effettuati a partire da una donazione samaritana è pari a 8 (in poco più di sette anni).

Ci sono limiti di età per la donazione degli organi?

Non esistono dei veri e propri limiti di età per la donazione di organi. Oggi è possibile utilizzare organi che fino a qualche anno fa non sarebbero mai stati prelevati a scopo di trapianto. Le donazioni di ultraottantenni, per il fegato e il rene, sono sempre più frequenti. Grazie all’introduzione della perfusione (una tecnica che fa entrare nell’organo ossigeno e liquidi macroproteici analoghi al sangue) è possibile rigenerare questi organi per renderli maggiormente idonei a un trapianto. Più stringenti sono invece i criteri per il cuore (55-60 anni), anche se la valutazione finale del donatore spetta sempre ai medici. Alla luce dell’aumento della vita media, è ragionevole immaginare che possa crescere anche l’età per donare quello che il fulcro del nostro apparato cardiovascolare. Per questo motivo è importante che pure le persone anziane, nel caso in cui non lo abbiano ancora fatto, manifestino la volontà di donare gli organi e i tessuti. Già oggi, ma ancora di più in futuro, i loro organi torneranno utili per andare incontro ai bisogni degli oltre ottomila italiani che attendono questo dono per tornare a una vita quanto più vicina a quella precedente alla malattia.

Esistono delle altre possibilità per ampliare il numero degli organi disponibili al trapianto?

La comunità scientifica è al lavoro lungo altre due direttrici per provare a irrobustire il bacino degli organi disponibili al trapianto. Una di questa è rappresentata dalla perfusione che permette di “ringiovanire” anche organi che fino a un decennio fa sarebbero stati scartati in partenza per la loro senescenza. La strada più avveniristica è però quella che porta agli xenotrapianti, ovvero all’utilizzo di organi di esseri viventi appartenenti a specie diverse. La Food and Drug Administration (l’agenzia federale statunitense che si occupa di utilizzare l’utilizzo di nuovi farmaci, dispositivi medici e terapie, compresi i trapianti) potrebbe presto dare il via libera alle prime sperimentazioni cliniche. Obiettivo: valutare la sicurezza e l’efficacia di queste procedure. Uno step necessario per rispondere ai tanti quesiti che riguardano questa possibile soluzione terapeutica. Un’ipotesi al momento di là da venire. Ma le cui ricadute potrebbero essere notevoli.

Xenotrapianti: a che punto siamo?

Il trapianto di organi, tessuti o cellule tra organismi di specie differenti è una procedura sperimentale che punta a individuare nuove fonti con cui fronteggiare la carenza di organi. Il primo riferimento risale al 1667, nel contesto di una trasfusione di sangue da un agnello all’uomo. L’uso clinico di organi animali è stato invece documentato per la prima volta nel 1905: con il trasferimento di un rene dal coniglio all’uomo. Da quel momento in avanti, sono stati condotti diversi studi considerando come donatori dei primati non umani: facendo leva sulla somiglianza genetica che avrebbe potuto attenuare il rischio di rigetto. Alcuni riscontri positivi, soprattutto a livello preclinico, portano oggi a considerare i suini come una probabile prima scelta in ragione delle dimensioni degli animali e della loro somiglianza fisiologica con l’uomo, del breve periodo di gravidanza e delle dimensioni relativamente grandi dei suini alla nascita, del basso rischio di trasmissione di zoonosi e della possibilità di intervenire sul genoma di questi animali per ridurre il rischio di rigetto degli organi.

Per saperne di più:

Report Donazione e Trapianto, Centro Nazionale Trapianti

Clinical trials for pig-to-human organ transplants inch closer, Nature

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